
I giorni bui della democrazia
Ancor più che negli attentati, nelle stragi di stato e nei golpe militari, i giorni bui delle democrazie sono i tempi della lunga agonia.
Quei tempi di pace in cui si lascia sfiorire il rigoglio di una nazione per incuria , ignoranza e negligente convenienza.
Quando uno stato sacrifica il vigore della propria gioventù, per continuare a nutrire i cadaveri di interessi già putrescenti, e visioni di futuro vetuste, e ormai già evidentemente superate, la storia ne da atto, si è pericolosamente vicini al collasso.
Questa è la drammatica e scellerata condizione della repubblica italiana nell’anno 2017. Persino morigerate signore di mezza età, timorate di Dio e madri di famiglia, concludono allegramente, alla fine di una analisi logica delle condizioni attuali del popolo italiano, che di qui a breve dovrà scatenarsi una rivoluzione animata di violenza e raccapriccio, in cui si farà piazza pulita di una classe politica inetta, marcia, malata.
Non si potrà annegare ancora a lungo la volontà di cambiamento e la necessità materiale di vivere dignitosamente dentro la palude delle menzogne reiterate a cadenza continua, dalla televisione, dalla radio e dai giornali; tutte le informazioni puntuali e i bei discorsi degli specialisti, provano, a conti fatti, solo la sconfortante mancanza della verità più evidente: Il futuro è stato fagocitato per mantenere vivi i privilegi di pochi. Di quei pochi possidenti che ancora cantano e ballano sul ponte del Titanic e non si sono accorti che un iceberg a squarciato la chiglia e la nave imbarca acqua già da troppo tempo perché le si possa evitare di affondare. Le illusioni già lasciano il posto all’angoscia e alla disperazione, quei pochi che pensano di essersi accaparrati una via di salvezza sull’ultima scialuppa, comprandola con la morte dei meno fortunati, perderanno tutto , e periranno raggelati, o vedranno sprofondare nell’abisso le loro stesse famiglie.
Taluni parlano di rivoluzioni pacifiche e creative, io penso che non sarà un bello spettacolo.
Già da tempo i giovani, e i non più giovani precari, ammassati nei call center e svagati nei centri commerciali , sfruttati a basso costo da una disoccupazione che non è casuale e che le viene agitata innanzi al volto come la frusta dello schiavista, danno segno di una disillusione acuta, di una lucidità tagliente e di una grottesca rassegnazione. È vero che si cerca costantemente di narcotizzarli con i moderni strumenti del divertimento preconfezionato, e in molti casi purtroppo vi si riesce per via della loro ignoranza programmata, ma al fondo del loro edonismo indotto, cinico e dissennato si nasconde la pura angoscia dei condannati a morte. Una morte lenta e pacifica, ma inflitta con non meno disprezzo e subita, a volte, con macabro entusiasmo.
Certo è che si dovranno ridurre le ultime e le prossime generazioni ad una schiera di automi se si vorrà continuare a sfruttarle come attualmente si fa o ancor di più; le generazioni che le hanno precedute hanno avuto possibilità di scelta incommensurabili, seppur in condizioni gravissime, di decidere del proprio destino, le ultime non hanno che da scegliere se vivere amputate della loro carne affinchè sia il banchetto di pochi privilegiati, o spegnersi lentamente esiliate nel deserto della povertà e dell’esclusione sociale.
Coloro che sceglieranno di far parte dei predatori scopriranno presto o tardi di non essere nient’altro che prede lasciate abbuffarsi degli avanzi, come animali d’allevamento nell’attesa del mattatoio, all’ingrasso e disponibili ad essere sacrificate al primo segno di carestia.
Si può convincere uno o più individui, per un certo periodo di tempo, che il mare sia rosso e i prati siano blu, ma non si possono cambiare il colore del mare, dei prati o del cielo, non se non facendone cose morte.