“In ogni guerra fondamentale è la strategia”

“In ogni guerra fondamentale è la strategia”.

SunTzu, L’arte della guerra.

del 02/02/2009

La sempre maggiore attenzione dell’opinione pubblica nei confronti delle problematiche connesse ai cambiamenti climatici è, purtroppo, una infelice prerogativa della nostra epoca.

Mai, nel corso della storia dell’umanità, si sarebbe potuto intuire quanto il progresso avrebbe cambiato il concetto stesso di natura, cosi come appare oggi  palese agli occhi dei nostri contemporanei.

Ovviamente, si attribuiscono alle grandi catastrofi ambientali che tutti conosciamo, e alle loro tristi conseguenze, le prerogative di fortuiti incidenti;

accidentali deviazioni indispensabili alla causa del progresso della scienza, che, non senza pericolose digressioni, tende continuamente a migliorare le nostre condizioni di vita.

Purtroppo, tali migliorie, hanno avuto talvolta un prezzo eccessivamente elevato , tale da risultare troppo esoso per poter essere sostenuto dal nostro delicato ecosistema.

Rimane, tuttavia, largamente condiviso il principio che eventuali errori di valutazione siano frutto della buona fede di chi contribuisce con il suo lavoro al progresso della civiltà, giammai alla sua estinzione.

Orbene, questa premessa è necessaria allorquando ci si addentra in territori in cui il paradosso è la regola.

Una delle riflessioni più amare, che meno si odono riguardo il problema dei cambiamenti climatici, è l’importanza strategica, dal punto di vista bellico ed economico, del poter condizionare gli eventi atmosferici a proprio piacimento.

Inutile elencare gli innumerevoli vantaggi che deriverebbero dalla capacità di alcuni di modificare a proprio piacimento il clima e i fenomeni atmosferici, si aprirebbero, a riguardo, scenari inimmaginabili per qualunque stratega.

Bene, gia il 10 dicembre del 1976 le nazioni unite prevedevano l’adozione del protocollo ENMOD, entrato in vigore il 5 ottobre del 1978, necessario a cautelarsi contro il possibile uso, per scopi militari, di tecnologie in grado di modificare il clima a proprio vantaggio.

L’art. 1 della Convenzione recita: “Ciascun Paese dell’ONU si impegna a non impiegare, per uso militare o qualsiasi altro uso ostile, quelle tecniche di modifica dell’ambiente naturale che abbiano ampi, duraturi e rovinosi effetti quali mezzi di distruzione e che danneggino ogni altro Stato membro. Ciascun Paese membro si impegna a non assistere, incoraggiare o indurre alcun altro Paese ad intraprendere attività in contrasto con quanto previsto da questo articolo”.

Alla luce di quanto detto, sorge spontaneo interrogarsi circa la necessità, da parte delle nazioni unite, di ratificare uno strumento legislativo in grado di impedire o di contrastare scenari apocalittici da guerra climatica come se ne esistesse l’effettivo rischio: esiste davvero la possibilità di controllare il clima per ottenerne un vantaggio?

e se esistessero tecnologie adatte a questo fine, quali conseguenze deriverebbero da un utilizzo inappropriato delle stesse?

Come sempre accade in questi casi l’opinione pubblica è stata informata scarsamente e in ritardo riguardo a scelte che invece la riguardano direttamente ed hanno carattere irreversibile per il futuro dell’umanità intera.

Sappiamo oggi con certezza che questo tipo di scenario non è solo possibile, ma già in atto da tempo.

Fra le ricerche intraprese a questo fine da organizzazioni militari e civili, vanno annoverate:
– la realizzazione, il dissolvimento e la prevenzione delle nebbie;
– le precipitazioni provocate;
– le tempeste di fulmini;
– l’intervento sullo strato di ozono atmosferico;
– la manipolazione delle onde elettriche celebrali mediante elettricità atmosferica;
– la realizzazione di terremoti e maremoti;
– l’intervento su ghiacciai.

Apprendiamo dunque con sorpresa che la sperimentazione in questo senso non ha nulla di fantascientifico, al contrario esiste una storia documentata circa i progetti che nel corso degli anni hanno intessuto i fini del controllo climatico, ne proponiamo qui una lista che riguarda comunque solo l’occidente civilizzato:

Progetto Cirrus (1947)
Central Arizona Project
Progetto Dallas
Progetto Climax
Progetto Cloud Physics
Progetto Flatlands
Progetto Argus (1958)
Progetto Skyfire (anni ‘60)
Progetto Starfish (1962)
Progetto Skywater (1966)
Progetto SCUD
Progetto Thunderstorm
Progetto Rapid (1966-1968)
Progetto Stormfury (1961 to 1983)
Progetto Cloudcatcher (1969-1970)
SPS: Solar Power Satellite Project (1968)
Progetto Popeye (anni ’60 e ‘70)
Global Atmospheric Research Program (GARP)
Saturn V Rocket (1975)
SPS Military Implications (1978)
Orbit Maneuvering System (1981)
Innovative Shuttle Experiments (dal 1985 ad oggi)
Mighty Oaks (1986)
Desert Storm (1991)
Poker Flat Rocket Launch (dal 1968 ad oggi)
High Frequency Active Auroral Research Program, HAARP (dal 1993 ad oggi)

Questa lista non prende in considerazione, ovviamente, gli intenti di quei paesi che,  estranei all’unione europea e alla NATO, non forniscono informazioni circa il loro operato strategico e sperimentale.

La lotta per la conquista del “clima” è quindi già in atto da svariati decenni, occorrerà tenerlo in considerazione nella valutazione più generale e complessa dei cambiamenti climatici globali.

Cosa dobbiamo aspettarci esattamente?

Il più moderno progetto di ricerca portato avanti in questo senso dagli stati uniti d’america, è il tristemente ormai famoso H.A.A.R.P. ( high frequency active auroral research program).

Localizzato nel nord dell’Alaska , il complesso è costituito da un numero variabile di antenne in alluminio adatte ad irradiare l’atmosfera e la ionosfera con onde radio ad alta o bassa frequenza.

Il progetto utilizza la tecnologia delle onde scalari scoperte dal più dimenticato dei padri della tecnologia moderna: Nicola Tesla, le cui scoperte furono alla morte preventivamente sequestrate dall’F.B.I. che ancora ne detiene i brevetti.

Le stupefacenti applicazioni del progetto in esame permettono svariati utilizzi della tecnologia di Tesla, nato in seno alla necessità di conoscere e studiare gli strati di atmosfera che ci separano dallo spazio profondo,

a finito per costituire l’avanguardia di ogni progetto simile,

le applicazioni dei principi che se ne traggono possono prestarsi a svariati utilizzi, anche non proprio umanitari.

Da una analisi più approfondita delle potenzialità del progetto H.A.A.R.P. deduciamo con sgomento che permetterebbe la possibilità di interferire con il campo goemagnetico terrestre per produrre eventualmente terremoti controllati, oppure l’irradiazione della ionosfera con onde radio al fine di produrre calore in aree specifiche, o inversamente il raffreddamento delle stesse, e, non da ultimo, la capacità determinante di interferire con tutte le comunicazioni via radio o di permetterle ove in natura non sia possibile, condizionando eventualmente anche il funzionamento di tutte le apparecchiature che utilizzano l’elettricità e il magnetismo come fonte di sostentamento.

Se tutto ciò può sembrare lontano ed improbabile occorre tenere presente che il progetto H.A.A.R.P. è già attivo dal 1993.

Inoltre, è importante ricordare che esperimenti di condizionamento climatico possono avvenire anche per irrorazione delle nubi e degli strati più alti dell’atmosfera con composti chimici appositi,

in particolare con composti quali il titanio, il bario e l’alluminio che potrebbero provocare, a seconda dei casi , pioggia o siccità.

Tuttavia anche questa ipotesi si è già dimostrata essere ben più che ipotesi.

Esistono svariate prove dell’irrorazione delle nubi con questi composti, il fenomeno è conosciuto al grande pubblico come “scie chimiche” o “chemtrails”, occorre sottolineare , però, che l’aereonautica militare e l’esercito hanno sempre negato che questa possibilità esista.

Purtroppo non siamo nuovi a tali dinamiche, già durante la guerra del Vietnam il governo americano ricorse a tecnologie da guerra climatica cercando di incrementare la piovosità in aree ove l’interesse strategico era forte e connesso alla possibilità di ostacolare il nemico o destabilizzarlo.

La politica degli stati uniti oggi come allora fu di mantenere il segreto su tali operazioni, tuttavia si può ipotizzare una stretta relazione tra le inondazioni che colpirono il Vietnam nel 71 e le 2600 missioni aeree effettuate dalle forze armate statunitensi nei cieli del Vietnam per non meglio identificati fini.

Per quanto riguarda l’Italia non abbiamo prove certe se siano in via di sperimentazioni o di utilizzo queste tecnologie militari, nonostante l’evidenza nei cieli di strane formazioni nuvolose,  rimane comunque significativa l’interrogazione presentata dall’onorevole Sandro Brandolini (Pd) il 05/11/2008 al ministero della difesa, circa la presenza nei cieli delle province di Forli-Cesena, nei pressi dei quali sono ubicati due aeroporti militari, di formazioni nuvolose anomale rilasciate in volo da aerei militari (scie chimiche), tali da escludere la possibilità del fenomeno delle scie di condensazione che hanno invece cause naturali.

Il C.N.R., che nel 2005 ha effettuato analisi sui campioni di pioggia raccolti dopo il passaggio di questi velivoli militari, ha rilevato nei campioni  una anomala concentrazione di sostanze quali quarzo, ossido di titanio, alluminio, e sali di bario.

Sostanze che costituiscono, in tali concentrazioni, un pericolo per la salute degli individui esposti ad esse a contatto.

Occorre inoltre tenere in considerazione che attraverso l’ausilio di tali tecnologie può essere considerevolmente condizionato l’umore immediato delle persone esposte interferendo con l’attività elettrica cerebrale,  possibilità che aprirebbe inquietanti scenari di controllo emotivo a fini strategici.

Esiste, inoltre, un nutrito numero di ricercatori che vede nella recente moria di api che ha colpito tutto il pianeta, un probabile effetto collaterale dell’applicazione di queste scoperte tecnologiche,

viene da chiedersi quali saranno gli effetti collaterali a lungo termine su tutte le creature viventi.

Non è nostro interesse inquisire il progresso scientifico per l’applicazione erronea che taluni fanno delle sue scoperte, rimane tuttavia l’amara consapevolezza che tali tecnologie potrebbero risolvere molti dei problemi legati al clima nelle aree più economicamente svantaggiate del sud del mondo, mentre invece, di tali benefici interventi, non c’è ne giunge voce alcuna.

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